Allenarsi con il mal di schiena è possibile? Oggi Filippo Falchetti parla di come trattare il dolore e di come ci si può allenare in palestra nonostante qualche acciacco.

Bentrovato SBber!
Faccio subito una doverosa premessa: che tu sia atleta o coach, in caso di dolore è sempre meglio chiedere consiglio ad un fisioterapista.
Prima di arrivare a capire come è possibile allenarsi con il mal di schiena, voglio fare una panoramica sul dolore.
D’altra parte, ritengo fermamente che il trainer debba approfondire l’argomento dolore per comprendere pienamente l’importanza del proprio ruolo in queste situazioni e per migliorare l’outcome verso il cliente.
Stesso dolore, approcci mentali diversi
Charito ciò, ho notato che quando mi si presenta un paziente con dolore, tendenzialmente gli scenari sono due ed opposti:
- C’è il paziente/cliente chiamo scherzosamente “no pain, no gain”. Qui rientrano le persone che hanno male e se ne fregano assolutamente, non vedendo il dolore come un limite. Questa tipologia di approccio è molto frequente negli agonisti: atleti che mettono al primo posto l’allenamento nonostante il dolore e continuano imperterriti fino (talvolta) ad arrivare al punto di non ritorno: un dolore troppo forte anche quando sollevano i manubri di plastica rosa. Alla fatidica domanda “da quanto hai male?” la risposta è “tot mesi” (ti lascio immaginare la mia reazione!).
- Il secondo scenario è invece quello “catastrofico”. “Ho male! È finita, mi devo fermare subito, stagione finita, sono finito, penso al ritiro anticipato e faccio testamento.”
Persone, insomma, che al minimo acciacco catastrofizzano la situazione. Purtroppo spesso e volentieri, chi ricade in questo secondo gruppo subisce l’approccio estremo di (troppe) figure sanitarie che costringono al “ghiacco, riposo e, se non passa, anti-infiammatorio due volte al giorno”.
(p.s: ce ne sarebbe un terzo, il paziente sereno e consapevole della sua condizione, ma è talmente raro che non fa statistica.)
Ora ti chiedo: quale dei due può essere un approccio corretto? E se hai mai dovuto affrontare un infortunio, o un dolore invalidante, in quale dei due gruppi ti inseriresti?
Ovviamente, come potrai aver intuito anche dai miei toni, nessuno dei due scenari è quello corretto a prescindere. I pazienti di entrambi i gruppi sbagliano l’approccio al problema, nonostante abbiano reazioni diametralmente opposte.
Dove sta quindi il giusto?
Adesso te lo spiego, ma per comprendere il tutto prima devo prima parlarti un po’ del dolore in generale.
Capiamo il dolore: Che cos’è? Perché lo sentiamo?

Questa è la più recente definizione dell’IASP (International Association for the Study of Pain), senza dubbio la fonte più autorevole sul tema.
Ci sono diversi modi per catalogare il dolore, una classificazione in base all’orgine della causa che lo genera è questa che segue.
- Nocicettivo: è il segnale di allerta che il nostro corpo manda al cervello come segnale di dolore localizzato in seguito ad un trauma.
- Neuropatico: dovuto ad un danno all’encefalo o al midollo spinale (centrale), ad un nervo (periferico) oppure senza causa apparente (idiopatico). La sintomatologia si esprime con formicolii, parestesie e perdite di forza.
- Cronico o globale: quello che in ambito riabilitativo interessa di più per la sua complessità. Questo è dovuto ad un’ipersensibilità delle vie nervose a livello centrale e che può essere gravemente influenzato da fattori come stile di vita e stress.
Un’altra categorizzazione del dolore (che personalmente non apprezzo molto) utilizza come criterio la persistenza del dolore nel tempo.
Il dolore si dice:
- Acuto: se ha una durata inferiore alle 6 settimane;
- Sub-acuto: se persiste per un periodo compreso tra le 6 e le 12 settimane;
- Cronico: se dura da più di 12 settimane.
Senza dilungarmi oltre (si potrebbe parlare a lungo di come classificare il dolore e approfondire i vari aspetti di ogni tipologia) vado dritto al punto:
Come funziona il dolore?
Nel nostro corpo sono presenti i nocicettori, che sono terminazioni di neuroni sensoriali, che segnalano al SNC (Sistema Nervoso Centrale) un potenziale danno tissutale.
I nocicettori sono presenti in molte regioni del corpo (organi, cute, articolazioni, muscoli, etc.) sono polimodali, ovvero rispondono a stimoli di varia natura (meccanici, termici, chimici) e sono ad alta soglia di attivazione (rispondono a stimoli forti) affinché rispondano a stimoli che non vadano ad interferire con la normale vita quotidiana (un abbassamento della soglia di attivazione porta a fenomeni come iperalgesia o allodinia, in cui stimoli innocui diventano dolorosi, o al dolore cronico).
Da loro, lo stimolo parte verso il SNC tramite due vie, una (via neo-spinotalamica) che serve a dare un’identità al dolore, più “oggettiva” e che serve a recepire intensità e localizzazione dello stimolo.
L’altra (via paleo-spinotalamica) collegata anche al sistema limbico e all’ipotalamo, sede delle nostre emozioni e della memoria.
Una volta che tutto questo si somma, il nostro SNC decide se lo stimolo è potenzialmente dannoso o meno.
In caso di risposta affermativa rilascia le sostanze che ci faranno percepire il dolore, fondamentalmente per proteggerci.
Le emozioni condizionano la percezione del dolore

Da qui puoi comprendere come le emozioni influenzino il dolore e viceversa. E questo dovrai tenerlo a mente sempre.
Dato questo collegamento tra dolore e psiche, possiamo inoltre capire come possa essere influenzato da moltissimi fattori, definiti “bio-psico-sociali”, ovvero inerenti alla nostra vita, in cui rientrano:
- lo stile di vita (sonno, idratazione, alimentazione, attività fisica)
- gli stressor a cui siamo sottoposti nel quotidiano (il nostro umore, la nostra situazione economica, famigliare, lavorativa)
- le aspettative che abbiamo sul dolore stesso (aspettative positive aumentano la facilità di trattamento e la produzione di endorfine, negative lo rendono più complesso)
- i nostri ricordi (esperienza dolorose passate) e le emozioni che proviamo al momento.
Mi fermo qui perché si potrebbero approfondire molti argomenti, ma davvero occorre molto più “tempo” a disposizione e non voglio confonderti.
Tutta questa ramanzina vedrai che sarà fondamentale più avanti.
Palestra che male! Ecco i principali problemi
Personalmente ritengo che i principali problemi che possono insorgere in palestra siano dovuti fondamentalmente a delle mancanze. In particolare mancanza di:
- valutazione articolare e posturale: fondamentale per capire se bisogna lavorare con esercizi piuttosto che altri in modo da evitare di un sovraccarico eccessivo delle stesse strutture.
- tecnica adeguata: idem sopra.
- valutazione iniziale (stato di fitness) e programmazine: queste le ho tenute per ultime ma ritengo fortemente che siano le motivazioni principali. “Signore Pine” che si ritrovano a fare ramping di stacco quando, fino al giorno prima, erano sulla poltrona h24. O, più verosimilmente, un aumento troppo repentino dei carichi o del volume. In mancanza di un’adeguata valutazione iniziale e relativa programmazione si possono portare eccessivi sovraccarichi su quelle strutture che non sono ancora condizionate a sufficienza.
Eccessivo sovraccarico = pericolo per il nostro corpo = protezione
→ sensazione dolorosa
Come evitare gli infortuni
Di base, in ottica salute, non esistono movimenti giusti o movimenti sbagliati, così come non esistono carichi giusti o carichi sbagliati (ovviamente nei limiti del buonsenso…per l’amor del cielo!).
Esistono però carichi e movimenti a cui le nostre strutture sono condizionate ed altri a cui non lo sono, per cui non sono pronte per svariati motivi.
Quindi o ci condizioniamo (mobilità, rinforzo, coordinazione etc) prendendoci il tempo che serve, o il rischio infortunio è dietro l’angolo.
Gli infortuni (e relativi dolori) più frequenti in palestra sono sicuramente quelli riferibili a:
- Spalla – zona antero – laterale (quella che veniva chiamata “sindrome da impingement);
- Gomito – laterale o mediale;
- Ginocchio o all’anca;
- Zona cervicale;
- Schiena – zona lombare (ultimo ma sicuramente il più frequente).
Come evitarli?
Be’, partiamo dal presupposto che un infortunio non si può mai prevedere del tutto.
Sicuramente un’ottima programmazione cucita sul livello della persona, con periodi di scarico quando necessario, accompagnata da uno stile di vita adeguato può fare molto in ottica preventiva.
Ne ha già parlato in questo bellissimo articolo anche Fabrizio.
Palestra e dolore: come riprendere con i pesi

Detto questo, ora ti tornerà decisamente utile l’introduzione fatta precedentemente sul dolore, il suo collegamento con le emozioni e con uno stile di vita sano.
Perché?
Perché devi capire che innanzitutto la persona arriverà da te, coach e sarà presumibilmente spaventata, inca****a nera, giù di morale. Penserà che nel suo corpo ci sia qualcosa che non va e, se proprio è andata male, le è già stato detto che dovrà fare nuoto e di smettere assolutamente di fare pesi, perché fanno male o che dovrà curarsi esclusivamente con rimedi passivi e medicinali.
Tutto questo come la farà stare? Ma ovviamente sempre peggio, e le grane sono tutte tue però. Quindi devi saper gestire questa situazione e capire che il tuo ruolo è fondamentale.
Effetti benefici dell’esercizio fisico sul dolore
Noi sappiamo benissimo che l’esercizio fisico in qualsiasi fase del dolore è fondamentale per diversi motivi. L’allenamento:
- Attiva i meccanismi oppioidi (endorfine) che vanno ad agire sulla modulazione del dolore e sul miglioramento dell’umore.
- Provoca rilascio di miochine che sono il nostro anti-infiammatorio naturale.
- Consuma il cortisolo accumulato in eccesso, in seguito a stress abbinato a sedentarietà (una delle cause di dolore cronico, di cui non abbiamo parlato).
- Andando ad agire sulla causa, e non solo sul sintomo, l’esercizio è fondamentale per aumentare la capacità di carico, la mobilità e la resistenza di quei tessuti che prima erano più deboli.
- Aiuta il paziente dal lato psicologico: la persona riacquista fiducia in se stessa, capendo che i suoi tessuti sono molto più resilienti di quello che pensava. Addirittura pare che sia anche meglio se, mentre fa esercizio, la persona avverte un lieve dolore, per aumentare il suo senso di auto-efficacia. Non da meno… la persona ritorna a fare la sua vita normale!
L’importanza di educare l’atleta
A tutto questo bisogna aggiungere una altrettanto fondamentale fase di educazione dell’ateleta, in cui gli facciamo capire che:
- Va bene provare dolore, può succedere e va accettato.
- Il dolore va rispettato ma non temuto, non bisogna fare troppo, ma nemmeno troppo poco.
- Restare positivi: portare focus sui progressi e su ciò che si riesce a fare.
- Bisogna insegnargli a gestire il dolore tramite azioni da fare durante le giornate.
- Correggere il suo stile di vita: all’anamnesi fare molte domande su quantità e qualità del sonno, alimentazione, idratazione, eccessi di attività fisica o di sedentarietà, capire come vive le sue giornate, i suoi rapporti, i suoi livelli di stress generali.
Non dimenticarti mai che la persona con dolore vuole prima di tutto essere compresa, trovare un qualcuno che la capisca e la tranquillizzi a riguardo.
Allenarsi con il mal di schiena
Sono lieto di presentarti il disturbo muscolo-scheletrico più presente e più invalidante al mondo: il dolore lombare, meglio conosciuto come mal di schiena.
Sul mal di schiena, ci si potrebbe scrivere un articolo (minimo) a parte, per cui non mi addentrerò eccessivamente.
Diciamo che, escludendo patologie spinali e cause specifiche, il dolore lombare per chi si allena in palestra può essere:
- dovuto ad un sovraccarico della zona e presentarsi durante o subito successivo all’allenamento;
- aspecifico (come circa il 70% delle lombalgie): si presenta senza un motivo apparente durante la giornata, non se ne conosce la causa, di solito cronicizza.
Anche se nel primo caso può sembrare “ovvio” il motivo, in entrambi i casi, in collaborazione con figure sanitarie, dovrai andare ad indagare su carico e capacità di carico, stile di vita, contesto bio-psico-sociale della persona e successivamente educare la persona come descritto sopra.
Approcci diversi per atleti diversi
Per decidere come approcciare è fondamentale capire chi abbiamo davanti, come ho scritto all’inizio. Si tratta di:
- Atleta “no pain, no gain”? Allora la parola d’ordine è MODERAZIONE. Uno così non devi certo invogliarlo a fare movimento, anzi, dovrai insegnargli a rispettare il suo dolore e non avere fretta.
- Persona “catastrofista”? In questo caso bisogna educare all’AZIONE, dato che in una buona percentuale di casi la persona avrà paura.
Qualsiasi sia lo scenario psicologico in cui versa l’atleta bisogna agire subito. È necessario agire subito, prima che il dolore possa cronicizzare e diventare davvero difficile da risolvere. Questo può succedere in entrambe le situazioni:
- Nella prima, se non si utilizza MODERAZIONE, le vie nocicettive potrebbero essere continuamente stimolate dalla persona che vuole fare troppo e troppo in fretta.
- Nella seconda situazione il dolore potrebbe cronicizzarsi, a causa di un eccesso di cortisolo, abbinato (e potenziato) da sedentarietà e catastrofismo.
Allenarsi con il mal di schiena si può con queste accortezze
Prima di concludere voglio lasciarti un esempio di scheda per allenarsi con il mal di schiena. Ripeto, è sempre meglio farsi affiancare da un fisioterapista e decidere nello specifico con lui.
Ci tengo a sottolineare che è un esempio di lombalgia aspecifica (no patologie) dal quale prendere spunto per la logica; invito a non utilizzarla così com’è, soprattutto in caso il mal di schiena derivi da una patolgia.
Allenarsi con il mal di schiena: come alleviare la lombalgia
Per quanto riguarda la diminuzione dei sintomi, diversi studi hanno dimostrato che la cosa più importante è stare attivi, facendo attività adatte al nostro livello di fitness, che ci piacciano e siano sostenibili.
A parer mio però, è fondamentale anche assegnare un programma di rinforzo che vada a condizionare e perfezionare i movimenti da compiere, non solo nel nostro sport, ma anche nella quotidianità.
In presenza di mal di schiena è fondamentale andare a valutare mobilità di anche e caviglie. Se queste articolazioni risultano poco mobili, potrebbero causare compensi con la schiena in esercizi di accosciata; schema estensione anca ed attivazione glutei ed erettori, in quanto si è visto come, in pazienti affetti da lombalgia, i primi fossero inibiti e i secondi molto attivi.
(Il ruolo del core è stato decisamente rivalutato, soprattutto il trasverso dell’addome che ha smesso di essere così miracoloso.)
Allenarsi con il mal di schiena: un esempio di scheda
Obiettivo sarà quello di recuperare tutti i movimenti, per cui inseriremo man mano esercizi con un grado di sollecitazione maggiore sulla zona lombare.
Secondo letteratura il numero di esercizi può variare, pare sia meglio non partire subito con il darne troppi a chi è pigro, perché potrebbe diminuire la sua compliance al trattamento.
Esercizio | Serie x reps | Recupero | Note |
Mobilità anche | 3×1’ | Dolore in ogni esercizio max 3/10 | |
Clamshell conloopband | 2×10 | 60” | Tieni 3” contrazione glutei |
Squat su box | 3×10 | 60” | Scendi in base al dolore |
Camminata su tapis | 5’ | Media intensità | |
Ponte glutei elastico | 2×10” | 60” | Tieni 3” contrazione glutei |
Rematore manubriosu panca | 3×10 | 60” | Regola appoggio in base al dolore |
Plank/ movimentianti-rotatori con elastico | 3×1’ | 60” | Parti col primo, se tolleri i secondi fai 2×10 x lato |
Camminata su Tapis | 5’ | Media intensità |
Come vedi, l’inserimento di esercizi cardio a media intensità ogni due esercizi serve proprio per andare a ricercare l’attivazione dei meccanocettori che provocheranno il rilascio di sostanze che modulano il dolore, oltre che dare riposo alla zona dolorante.
Per concludere, il ruolo del coach nel gestire un atleta che presenta dolore è fondamentale.
Poter parlare la stessa lingua con una figura sanitaria e capire insieme come agire non farà altro che migliorare il risultato per la persona.
(Il fisioterapista inoltre potrà utilizzare altre tecniche per alleviare dolore, come la terapia manuale, aiutando il lavoro del coach e lo sforzo dell’atleta.)
Fammi sapere cosa ne pensi e se a te è mai capitato di dover allenare una persona che aveva dolore, mi piacerebbe avere un confronto.
Alla prossima!
Filippo Falchetti
Fisioterapista
Top Coach Sbb