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CAMBIO VITA!! DIVENTO UN FOOD COACH

privazioni nella dieta

CAMBIO VITA!!! Divento un FOOD COACH

Tutto inizia con il messaggio da un mio grandissimo amico con il quale dividiamo questa grande passione comune che è il movimento, un messaggio su whatsapp, il quale riporta l’immagine del logo SBB e la certificazione per diventare Personal Food Coach. Mi chiede cosa ne penso, e che lui trova interessante il contenuto.  Così entro nel sito, vedo cosa fa questo Riccardo Grandi, leggo, rileggo il programma del Food Coach e mi domando

 

sarà uno dei soliti corsetti da educatore alimentare che ti intortano di tutto e niente, parlando di formule chimiche che tanto non capisce nessuno, che l’alimentazione corretta sono le solite 4 fette biscottate al mattino, carboidrati a pranzo e proteine a cena e bla bla bla già detti e ridetti, che mi farà uscire  con un paio di passetti nuovi  e centinaia di dubbi restanti, sul perché, sul come, sul quando cambiare, tagliare, gestire i macro… ecc. ? ”

 

Ero molto incuriosita ma allo stesso tempo demotivata da tutti gli ultimi programmi visti con altre federazioni che tanto ben si vendono quanto grande è la delusione che si acquista.Così mi sono detta perché non provare, in definitiva il programma è ricco, sono ben 2 week and e al termine vi è un esame scritto. Sembra roba seria ho pensato.

 

E parte il più grande passo della mia vita.

 

Un’orma talmente profonda da lasciare sulla sabbia della mia vita un radicale cambiamento. Lavoro come Personal Trainer dal 2008.

Ho gareggiato nella categoria shape in W.A.B.B.A..

Sono stata portata all’esasperazione da diete iperproteiche a tal punto da disprezzare il body building e non voler più gareggiare, anche perché sul palco ero sempre carica di acqua, avevo lacune muscolari enormi, certo… carina se parliamo di una ragazza qualsiasi, ma sul palco amici, non ci sarei dovuta essere, non in quel modo.

 

Passano gli anni, il terrore dei carboidrati pianta in me radici profonde, resto  in balia delle mie paure senza un preparatore, perché avevo paura di affidarmi a chiunque, visto il risultato in 2 anni: le sconfitte, gli inestetismi pesanti sulle gambe mai risolti,  la durezza di andare avanti a pollo e gallette e riso, con un ricordo amarissimo di un  tentativo che mi hanno fatto fare nelle ultime settimane prima di una delle 3 gare, di tenermi  a merluzzo e tonno che ormai crescevano le pinne gialle anche a me, il terrore di avere ancora il rebound dopo una nuova eventuale gara, tipo che appena passati i due giorni dalla competizione nei quali si ricomincia a mangiare di tutto un po’ io mi gonfiavo come un’anguria senza semi, e lo specchio diventava un’angoscia.

Negli anni la maniacale giornata libera rimane. Rimane come una spiaggia da aspettare dal lunedì al sabato, in cui, dopo una settimana di restrizioni e rinunce (inutili), mangiavo tutto quello che normalmente è bandito (con sensi di colpa poi, taglienti come la lama affilata che taglia un panettone, scusate questa ci stava).

 

E così, tra alti e bassi, per mesi, per anni.

 

La convinzione che dovesse funzionare così, era ormai radicata anche perché confrontandomi con i colleghi, i sistemi erano quelli, da body builder anni 70, con i sistemi old school, e alimentazioni idem. Ciccioni d’inverno, tirati d’estate. Ed io però il chiodo del “ma non si può essere in forma tutto l’anno? Senza per forza avere queste altalene? Senza dover patire la fame da lupo mannaro?”

 

A Novembre 2015 parte il Corso a Brescia, il primo Personal Food Coach. Se non ricordo male eravamo in 19, i primi 19.

Vengo accolta in modo molto gentile, prendo il blocco appunti, la penna, salgo in questa stanza dove ci sono delle bici da spinning, un proiettore, due file di sedie disposte a semi cerchio per noi affamati di sapere. Mi siedo nella fila dietro, mi fa sempre un certo non so che stare davanti, e mi guardo attorno, mi sembra strano che tutto sia così familiare, così easy come ambiente.

Sono abituata a giacche e cravatte, auditorium o sale conferenze piene di tante belle parole e fasulle professionalità fatte di apparenze, che alla fine vengono pagate da qualche sponsor per convincere di seguire un metodo piuttosto che un integratore o uno strumento per l’analisi corporea con annessi e connessi.

Questa volta invece, all’interno di una posto a me familiare, fatto di ghisa e fatica, con pochi attrezzi ma gli essenziali, con gentilezza e vera professionalità, ho preso la “sberla” più grande da far invidia anche a mia madre, una sberla che mi ha fatto scendere a picco dalle mie convinzioni, che mi ha improvvisamente svegliata da un sonno di inconsapevolezza e di falsi miti.

Mi hanno letteralmente smontato i sistemi, le progressioni, mi hanno spiegato come può funzionare il metabolismo, ma per meglio dire, come può NON funzionare, quali sono i motivi che lo rallentano, come fa una persona ad avere l’intestino bloccato se mangia tanta verdura, come calcolare il fabbisogno delle persone partendo da un punto diverso, partendo innanzitutto dalla persona, non da quanto pesa e da che % di massa grassa possiede.

Certo questi parametri sono fondamentali, ma possono arrivare un minuto dopo, dopo aver compreso chi si ha davanti, qual è la sua storia, com’era da bambino, adolescente adulto, dove sente che vi è stato un cambiamento, quali sono i momenti che non riesce a gestire a livello alimentare, in che modo è legato al cibo. Una finestra quasi “psicologica” che ci permette di arrivare a piccole chiavi che aprono porticine in chi ci si trova di fronte che ci svelano il meccanismo per il quale si presenta una difficoltà nel gestire la loro situazione alimentare.

 

Da qui, ho avuto una serie di spiegazioni mai avute prima, a partire dal perché si può inserire il carboidrato la sera (e qui qualcuno sono sicura sta facendo smorfie di disapprovazione), al come stimolare un fegato addormentato e come capire che è addormentato, a come gestire l’acqua, come integrarla, come calcolarla (anche se qui stiamo già andando avanti), a come e perché alcuni hanno una reazione a questi nuovi approcci e altri meno, e ad inserire tutto queste cose, e ne ho citate solo alcune delle innumerevoli.

 

Torno a casa da questo primo weekend sfinita, ma con il cuore pieno di gioia e voglia di fare, sete ancora tanta sete di sapere, di conoscere di capire. Passano due mesi, nel frattempo sono guidata attraverso strumenti multimediali, in un percorso nuovo, analisi nuove con nuove metodiche, consigliata passo passo verso questi nuovi clienti che hanno iniziato ad arrivare, Riccardo ci ha accompagnato nella stesura dei programmi che facevano comunque parte dell’esame, facendoci ragionare dove i calcoli o il buon senso veniva a mancare e incoraggiandoci quando il lavoro era buono.

 

Lui c’era, sempre, per qualsiasi dubbio, per ogni domanda lui ci guidava verso una risposta che alla fine eravamo in grado di dare noi stessi. Abbiamo aperto un gruppo in whatsapp dove ci confrontavamo tra di noi, un’esperienza pazzesca.

 

Arrivo così al secondo weekend.

Altra dispensa, altri parametri, altri punti importantissimi.

 

Una notte quasi in bianco per iniziare l’esame che era suddiviso in una parte da fare la sera e una la mattina stessa, con colloquio finale di discussione. Immaginate una sorta di mini tesina. Immaginate cosa può voler dire ascoltare 18 confronti di persone con punti di vista diversi, 18 approcci differenti, 18 domande diverse, e tutte le risposte da portare a casa, tutte esperienze di arricchimento. Una giornata che non dimenticherò mai.

 

Torno a casa con il mio attestato e mi domando “e adesso? “

 

La frase che più mi è rimasta impressa di Riccardo e che ricordo ogni volta che ora qualcuno mi cerca per una consulenza è questa:

 

“Il cliente che ti arriva non è quello che ti aspetti ma è quello che sei in grado di gestire”

 

Da quel weekend le due persone che ho seguito e che si sono trovate bene, hanno portato altre due clienti, che a loro volta hanno portato altre due che poi hanno portato i figli, i mariti, gli amici, (tipo alla fiera dell’Est..) e venne il macellaio che portò il fratello, che portò l’amico…

E per me è partito un treno che ancora non ci credo. Ma continuo ad aver sete di imparare, di conoscere, seguo allora SBB per la mia formazione professionale a 360°.

 

Ho iniziato da novembre 2015 a provare a stilarmi un’alimentazione. Beh forse non ci crederete, ma… a marzo ho contattato Riccardo per farmi seguire bene, sentivo che forse era il momento di riaprire la mia finestra, quella che avevo oscurato a causa di qualcuno non adatto a fare preparazioni, e dopo qualche mese abbiamo deciso di provare a percorrere ancora la strada del palco. Magari ci vediamo in uno dei prossimi numeri… magari avrò un numero sul costume… chissà. So solo che adesso sto bene come mai mi è successo, fisicamente e mentalmente (anche se qui qualcuno avrebbe qualcosa da dire). Sarò una studentessa della scuola di preparatore SBB, percorso che dura ben 2 anni.

 

E per tutte le altre meravigliose cose che ho appreso nel corso… per esempio… anzi no… Non voglio svelare troppo, se posso permettermi di darvi un consiglio, se volete cambiare il modo di vedere le cose, e vedere un po’ più in là -della collina di Leopardi- affacciatevi a SBB, al Food Coach e agli altri stupendi percorsi che Riccardo Grandi offre. Non resterete delusi. 

 

A me ha cambiato, e migliorato, e dato tantissimo per il mio lavoro.

 

“il cliente che ti arriva non è quello che ti aspetti ma quello che sei in grado di gestire” 

 

Annalisa Zanonato

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