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Dolore alla cervicale: cause, rimedi e come gestirla in palestra

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“Eh ho le cervicali, “Questa cervicale non mi dà pace”, “Un male alla cervicale che non ti dico, non riesco neanche a lavorare al pc”… Quante volte ti è capitato di sentire frasi come questa? Dette un po’ impropriamente, si riferiscono tutte però alla stessa sintomatologia: il dolore alla regione cervicale del rachide. Ma da cosa è originata? Quali sono i fattori di rischio e come gestirla in sala pesi se frequenti una palestra o un tuo cliente lamenta cervicalgia? Lo scopriamo con il fisioterapista Filippo Falchetti.

Ciao sbber, 

quando parliamo di dolori in sala pesi, spesso ci si sofferma maggiormente sulla zona lombare, sulla spalle, sulle ginocchia…

Eppure spesso si rivolgono a me ragazzi/e che si allenano in sala pesi e lamentano dolore in un’altra zona del corpo, che passa sempre “inosservata” ma può dare bei grattacapi : la regione cervicale. 

Cerchiamo di capire bene quali possono essere le cause, patologie escluse, che portano a questo fastidio e come possiamo aiutare le persone che si rivolgono a noi. 

Cervicalgia (dolore alla cervicale) che cos’è?

Partiamo innanzitutto col fare un identikit della cosiddetta “cervicale” e dare un volto a questo fastidio, più diffuso di quanto si pensi.   

Il dolore alla regione cervicale infatti risulta essere una delle problematiche più diffuse al mondo e una delle principali cause di richiesta di fisioterapia

Da uno studio (Global Burden of Disease) del 2010 risulta addirittura che, negli USA, è la quarta causa di disabilità nella popolazione. 

Secondo la mia personale casistica, tra chi si allena, è la terza problematica più frequente dopo il dolore lombare e il dolore alle spalle (non prendetelo come un dato scientifico, mi raccomando, è semplice esperienza personale). 

Dolore alla cervicale: chi è più colpito?

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Secondo le evidenze scientifiche, ci sono fattori che possono essere predisponenti a sviluppare dolore cervicale (non in ordine di importanza): 

  • Sesso femminile
  • Lavoro eccessivamente sedentario 
  • Età avanzata
  • Lavori usuranti 
  • Fumo 
  • Pregresso dolore cervicale

Sai, capita spesso che le persone che si presentano a me lamentando dolore cervicale dicano: 

“ma come mai? Sto tutto il giorno seduta e non faccio sforzi, perché ho male?” 

E in quel momento l’unica reazione possibile è la tipica espressione che ha reso famoso Khaby Lame.

Le cause del dolore alla cervicale

Come per ogni dolore, anche in caso di cervicalgia, si trovano sempre le teorie più disparate (o disperate, anche, in alcuni casi) per giustificare la presenza di questo fastidio. 

Quindi, anche in questo caso, via alla ricerca del colpevole: 

  • È la postura
  • È l’artrosi 
  • È la tecnica 
  • È il carico 
  • È il colpo di vento (questa, rispetto alle altre, è proprio specifica per il dolore cervicale eh, ha il marchio registrato)

E la realtà dove sta? 

Come sempre, da un’altra parte. Cioè, in realtà è alla luce del sole, ma non la vogliamo vedere. 

Molto più logica e scientifica, ma meno d’effetto. 

In realtà nella stragrande maggioranza dei dolori cervicali si tratta di dolore aspecifico (cervicalgia non specifica, o NAD). 

Il dolore alla cervicale è aspecifico, ma cosa vuol dire?

dolore cervicale cause

Con questo termine di intendono tutti quei dolori a cui, allo stato attuale della tecnologia e delle nostre conoscenze diagnostiche, non possiamo dare una spiegazione con assoluta certezza

Nella regione cervicale esistono molte strutture che potenzialmente possono essere fonte di nocicezione (articolazioni, vertebre, muscoli, legamenti etc) ma in letteratura al momento non troviamo riscontri certi del fatto che siano proprio queste a causare il dolore alla persona. 

E quindi su cosa dobbiamo indagare? 

Dobbiamo innanzitutto sempre tenere conto che l’origine del dolore (soprattutto se aspecifico) è multi-fattoriale ed è molto sempre collegata a tutti quei fattori bio-psico-sociali che non possiamo mai escludere. 

In palestra, o comunque quando parliamo di allenamento, dobbiamo sempre tenere conto che un dolore mm-scheletrico è causato da uno stress che supera la capacità di carico della struttura (o del sistema). 

Per cui una struttura che viene sollecitata eccessivamente, nel lungo termine, ci presenterà il conto e ci avviserà facendoci avvertire dolore. 

Cosa ci azzeccano i fattori bio-psico-sociali con tutto questo? 

In ambito allenamento quando parliamo di stress non possiamo riferirci unicamente allo stress imposto direttamente coi pesi. 

Una persona che ha una vita “normale” al giorno d’oggi è letteralmente bombardata di input e stress tutto il giorno: stress lavorativi, personali, sociali, etc. 

A questo spesso ci dobbiamo associare il fatto che si pone molta poca attenzione a tenere uno stile di vita adeguato e a fare un qualcosa per migliorare la nostra situazione. 

Per cui: si mangia poco, o troppo, o male; si beve poco (in certi casi pochissimo, lo sappiamo); si riposa poco e male.

Quindi è un’ovvia conseguenza che la capacità di recupero del nostro organismo e delle nostre strutture non sarà sempre la stessa e, talvolta, potrebbe non essere sufficiente a gestire gli stress dati dall’allenamento. 

Ecco come spuntano i dolorini a cui poi cerchiamo di trovare le cause più assurde. 

Cosa dicono le evidenze scientifiche sulla cervicalgia

fidioterapista cervicale

Le evidenze scientifiche, come abbiamo appena visto, ci dicono già molto su quali sono le possibili origini di questo fastidio, delle fasce di popolazioni che sono maggiormente colpite e di tutti quei fattori contestuali che possono contribuire all’insorgenza. 

Ma non si limitano, fortunatamente, a questo. 

Ci dicono infatti molto anche su ciò che possiamo (anzi, dobbiamo) fare per aiutare la persona a gestire e migliorare questa condizione. 

Quindi, come dobbiamo procedere: 

  1. EDUCAZIONE al dolore: che, tradotto, significa spiegare alla persona come funziona lo stimolo doloroso; educarla ad una gestione attiva nel trattamento; darle un ruolo di protagonista senza “delegare” esclusivamente al fisioterapista e al trainer il compito del miglioramento della sintomatologia; modificare lo stile di vita sulla base delle sue esigenze e dell’andamento del dolore (lavoro, hobby, sport, vita quotidiana etc).
  1. TERAPIA MANUALE (ovviamente solo a carico di fisioterapisti o medici): utilizzo di tecniche manuali, o comunque di tutte quelle tecniche passive (come può essere anche l’utilizzo di foam roller) che sappiamo possono essere utili nel breve termine per migliorare la sintomatologia e può aiutare ad aumentare la compliance della persona al trattamento (e, perché no, sfruttare anche il caro e vecchio effetto placebo) 
  1. ESERCIZIO TERAPEUTICO: che comprende tutte quelle tecniche che portano ad un miglioramento della mobilità, della forza e, di conseguenza, un miglioramento della funzione e una minore percezione di disabilità. Da anni le evidenze ci dicono come un approccio attivo, comprendente l’attività contro resistenze, sia il gold standard nel trattamento dei dolori muscolo-scheletrici.  L’esercizio terapeutico dovrà per forza essere personalizzato sulla persona, sulla sua condizione di partenza e sulle sue esigenze. 

Trattamenti di base in palestra, per il dolore cervicale

cervicalgia palestra trapezio

E tu, caro personal trainer, come puoi agire per aiutare la persona che soffre di dolore cervicale? 

  • Corretta programmazione

    Partiamo proprio dalla base: dosare nel migliore dei modi il carico da sottoporre alla persona. Sostanzialmente questo si traduce con una riduzione del rischio che il dolore spunti fuori. “Prevenire è meglio che curare” diceva un saggio, e aveva ragione. Progressioni intelligenti e sensate, senza voler strafare, adatte sempre al momento che sta attraversando la persona e sui suoi feedback. 
  • Insegnamento della tecnica

    Viviamo in un’epoca di persone “chiappipedi” (scusa Richi per la licenza poetica) e sedentarie, che passano metà e più delle loro giornate sedute immobili davanti ad uno schermo.

    Chiaramente, mantenere a lungo di queste posture comporta che determinati muscoli lavorino e si affatichino maggiormente, mentre di altri muscoli la persona non avrà nemmeno minimamente la percezione. Il compito del personal trainer dovrà essere quello di sensibilizzare la persona sull’importanza della variabilità di movimento, insegnando una tecnica esecutiva adeguata che la aiuti a percepire al meglio e ad utilizzare tutti i muscoli (leggasi, in caso specifico di cervicalgia: depressione e adduzione scapolare). 
  • Rinforzo

    Un muscolo che si affatica spesso è un muscolo debole.

    Nel caso di dolore cervicale vi sono evidenze sul fatto che un rinforzo diretto e specifico del muscolo trapezio (ma anche della restante muscolatura cervicale) ha effetti molto positivi sulla riduzione della sintomatologia e sulla ripresa della funzionalità.

    Lo so, in caso di dolore cervicale vi hanno sempre detto di “allungare” il trapezio. Ebbene può essere utile a ridurre la sintomatologia nel breve termine e a ri-acquistare flessibilità. Ma non si sfugge ad un successivo rinforzo. Associato a questo può essere molto utile lavorare, come detto precedentemente, sulla variabilità dei movimenti (dato che il trapezio risulta comunque essere un muscolo che nel quotidiano usiamo molto), inserendo movimenti di depressione e adduzione scapolare e sulla mobilità delle articolazioni adiacenti (soprattutto della zona toracica) 
  • Valutazione dello stile di vita a 360°:

    È importante fare un’anamnesi corretta dove si indaga sullo stile di vita della persona.

    Riposa a sufficienza? Si idrata adeguatamente? Mangia bene e abbastanza? È eccessivamente stressata? Fondamentale tarare la programmazione su questi dati e sui successivi feedback della persona. Ricordiamoci sempre che abbiamo a che fare con esseri umani, che rispondono diversamente agli stress cui li sottoponiamo in allenamento. Diventa fondamentale monitorare e raccogliere i feedback della persona e sensibilizzarla sull’importanza di uno stile di vita all’altezza. 
  • Collaborazione con figure sanitarie: un personal trainer che possiede le competenze necessarie per inviare il suo cliente da un professionista sanitario preparato e con cui riesce a collaborare per migliorare il suo stato di salute….. beh, non ha prezzo secondo me.


Cosa fare e cosa evitare

Come ribadisco sempre: non esistono esercizi o movimenti pericolosi o che vanno evitati a prescindere, soprattutto in caso di dolore aspecifico.  

Non è assolutamente corretto affermare “non puoi fare questo”, “questo è pericoloso”

Il grosso rischio, anzi, è quello di spaventare la persona mettendogli delle enormi barriere nei confronti del movimento. 

Come abbiamo detto un dolore aspecifico, nella stragrande maggioranza dei casi, si palesa nel momento in cui il carico che imponiamo alla struttura supera la sua capacità di gestirlo. 

Per cui lo step numero uno da fare sarà quello di comprendere quali sono i movimenti che la persona gestisce bene (in maniera tollerabile) e su quelli, costruire delle progressioni. 

Le progressioni potranno essere: rom, tipologia di contrazione, intensità, volume, frequenza. 

Puoi sbizzarrirti giocando con tutti i parametri dell’allenamento sulla base dei feedback della persona. 

Per rubare una citazione al collega britannico Adam Meakins “Can’t go wrong getting strong”. 

Se però ci tieni tanto ad avere una lista di alcune cose da evitare, annota queste:  

  • Spaventare la persona 
  • Proporre solo soluzioni passive 
  • Non ascoltare
  • Proporre supercazzole prive di qualsiasi fondamento scientifico 
  • Esagerare fin da subito con gli stimoli allenanti 

Poca roba, insomma. 

Mi sembra fattibile.  

Consigli per Personal Trainer

Insomma, per concludere…

La prima cosa da fare, soprattutto in caso di dolore, è ricordarsi che lavoriamo con persone, ed è su questo che dobbiamo concentrare maggiormente, non sulla patologia, sul dolore o sull’esercizio. 

La strada da perseguire sarà quella dell’educazione alla gestione del dolore e ad un corretto stile di vita. 

Bisogna essere bravi a spiegare alla persona come origina e si diffonde lo stimolo doloroso e come i fattori della nostra vita, che pensiamo essere insignificanti, possono contribuire a peggiorare la sintomatologia (o a farci stare meglio) 

Fondamentale poi, educare la persona al movimento, a mantenersi attivi e a rinforzare adeguatamente la zona che ci dà noia, per renderla più resiliente a futuri stress. 

Fondamentale è sempre il lavoro in équipe, dove sanitari e allenatori cooperano per migliorare la salute della persona. 

Onestamente, noto che si sta espandendo sempre di più questo modo di ragionare e, devo dirlo, ne sono davvero felice. 

A presto!

Filippo Falchetti
– Top Coach SBB

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