Come ben sappiamo, ogni protocollo d’allenamento deve essere calato sull’atleta in preparazione, in base a molteplici variabili.
Molte di queste mi hanno spesso portato a voler introdurre all’interno di una preparazione, il lavoro tramite Jump set, che io stesso, per i motivi che andrò ad elencare, utilizzo a piene mani.
Precisazione doverosa, anche se ormai per lo più scontata :
Il jump set è quel metodo che consiste nell’abbinare due esercizi relativi a muscoli distanti tra loro, normalmente non antagonisti (in questo caso la definizione corretta è Super set, anche se per omogeneità all’interno di un protocollo composto al 90% di jump set, ad esempio, uso definire un jump set anche una panca piana abbinata ad un rematore).
Prima di tutto non do mai per scontato che in una preparazione, anche in vista di una possibile gara, l’atleta sia sempre abile ad eseguire una programmazione dove i jump set la facciano da padroni. Non solo per una questione di abilità tecnica, ma anche di possibilità di effettuarli in una palestra, spesso super affollata, dove saltare da un attrezzo ad un altro porterà più svantaggi (stress) che vantaggi.
Allo stesso tempo, mi capita di dover adattare la scelta degli esercizi alla disposizione delle attrezzature presenti in palestra, fortunatamente non capita spesso, ma quando ci sono attrezzi dislocati su due piani, le cose possono complicarsi molto.
Se è vero che i vantaggi nell’utilizzo di questo metodo di lavoro, che io utilizzo e faccio utilizzare, siano molteplici nelle varie fasi della programmazione annuale, è anche vero che si deve tenere sempre prima di tutto in considerazione qualche fattore a mio parere molto importante.
- L’atleta è in grado di mantenere il focus sugli schemi motori più complessi durante un lavoro in Jump? Oppure dopo un paio di serie comincia a perdere coerenza nelle alzate.
Se ravviso questo rischio, ma ho bisogno di far fare allenamenti relativamente brevi e densi, preferisco per esempio far utilizzare un protocollo PHAT su quattro giorni, eseguendo quindi i grandi esercizi multi articolari singolarmente i primi due giorni, per poi dedicarmi ad eventuali lavori meccanici e metabolici negli altri due, in questo caso in jump set. In questo modo ho dato un colpo al cerchio e uno alla botte.
- Teniamo poi presente che non tutti hanno a disposizione 2 o 3 ore per allenarsi in tutta tranquillità, quindi bisogna trovare delle strategie che ci permettano di eseguire un buon volume allenante in tempi relativamente brevi, e tra queste il jump set è una buona soluzione.
Ora caliamo il Jump set in due fasi della preparazione: bulk e cut, che seppur con intenti differenti, mi portano a voler spesso utilizzare questo metodo di lavoro.
Nella fase di Bulk
Nella fase di Bulk, se devo far lavorare un’atleta che non ha problemi di tempo, che ha una flessibilità metabolica efficiente, posso anche non prendere in considerazione tale metodologia, ma nella maggior parte dei casi lavoro con persone che hanno una vita densa di impegni e che in fase di pieno bulk necessitano di mantenere una densità allenante che permetta loro di avere un EPOC più elevato.
Inoltre l’utilizzo dei jump set, in questa fase, è perfetta per creare protocolli densi di lavoro ma con adeguati recuperi tra una serie e l’altra dello stesso esercizio.
Questa metodologia di lavoro, ben si presta a protocolli di Full Body, in quanto non sempre in questa fase vi è la necessità di creare grande congestione al livello dei distretti muscolare. Quando invece si vuole ottenere una intensificazione su specifici distretti muscolari, alterno fasi di semi full body a fasi di false mono frequenze.
Un’ultima considerazione importante è relativa al miglioramento metabolico e cardio vascolare anche in fase di bulk, che tra l’altro ci permetterà di passare alla fase di Cut in maniera meno impattante.
Un’altra variabile da tenere in considerazione, per decidere se utilizzare i jump set, è relativa all’impatto che tale metodo ha a livello del sistema nervoso, poiché è ben diverso, a livello sistemico, recuperare tre o quattro minuti sullo stesso esercizio piuttosto che la metà del tempo saltando tra due esercizi differenti.
Qualora un atleta sia nella fase iniziale di cut, preferisco che l’utilizzo di allenamenti in “jump set full body” lascino gradualmente spazio a false mono frequenze, in quanto mano a mano che si avanzerà nella preparazione si darà sempre meno spazio agli esercizi fondamentali a favore di quelli meccanici e metabolici che, correttamente abbinati, permetteranno un miglior utilizzo del carburante principe in questa fase, il glucosio, ed una miglior vascolarizzazione locale.
Se in Bulk, il jump set, modulato su tempi di recupero idonei al lavoro sulle grandi catene muscolari, permette un maggior recupero tra le serie, in cut la diminuzione dei tempi di recupero, in un’ottica di falsa mono frequenza, consente di effettuare una grande mole di lavoro su esercizi a minore impatto neurale.
Negli ultimi sei anni, come atleta e come preparatore, grazie alla metodologia affinata da Riccardo Grandi, ho avuto modo di poter testare e verificare i migliori abbinamenti di esercizi applicabili a tale metodologia.
In termini generali, approfonditi nel libro “Grandi Programmi”, gli abbinamenti ottimali sono ad esempio:
Accosciata (Leg press) + trazione verticale ( Lat machine)
Oppure
Spinta verticale (lento manubri) + estensione d’anca (stacco)
Oppure
Spinta orizzontale (panca piana manubri) + trazione orizzontale (rematore bilanciere)
Durante la mia ultima preparazione al mondiale WNBF di New York, ho utilizzato tutte le modalità di jump set sopra descritte, con grandi vantaggi
- Sono riuscito a far coesistere l’allenamento con tutti gli impegni famigliari e lavorativi;
- Potendo lavorare quasi sempre sui fondamentali con tempi di recupero generosi, ho potuto anche in Cut esprimere più forza, mantenendo quindi maggiormente intatta la massa muscolare acquisita in bulk;
- Conseguentemente al punto precedente, ho potuto beneficiare di un apporto calorico più alto e quindi ho gestito allenamenti sempre più voluminosi. La forma generale ne ha beneficiato enormemente.
In conclusione, credo che il lavoro in jump set sia una delle svariate possibilità all’interno di una programmazione che, se ben strutturata potrà permettere ad ogni atleta di portare avanti in modo sostenibile ed efficiente una preparazione agonistica.
Marco Cerri – Top Coach SBB