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POSARE NEL BODYBUILDING COME ARTE ED ESERCIZIO

MAXICK

Quando, più di 15 anni fa, Alberto Oddone mi regalò questo libro, lo lessi con molto interesse, e vi trovai spunti che cambiarono radicalmente la mia visione generale dell’esercizio.

Ciò che fino a poco tempo prima era spesso un’azione meccanica svolta in un semi-cosciente stato dinamico, divenne gradualmente una azione cosciente in ogni sua componente, in ogni singolo millimetro di movimento.

Alla base dei ragionamenti di questo grande atleta del passato, c’era lo studio della contrazione volontaria di ogni singolo muscolo, e della relativa capacità di rilassarlo a piacere.

A tutti gli effetti, ancora prima che se ne fosse trovata la definizione scientifica, Maxick applicava il principio dell’ isometria in tensione muscolare.

E lo faceva sia in contrazione volontaria del singolo gruppo muscolare, sia in tensione contrapposta al muscolo antagonista.

Questo ultimo concetto venne poi meglio elaborato dal grande Charles Atlas, al secolo Angelo Siciliano.

Nel suo famoso corso Dynamic Tension, dove sfruttando la tensione contrapposta tra muscoli agonisti ed antagonisti, permetteva a tutta l’America di praticare del sano movimento.

Il concetto di lavoro in isometria contrapposta venne poi ampiamente sperimentato in Unione Sovietica, soprattutto nei corsi di preparazione alle selezioni sportive, dove bambini in età pre-scolare venivano sottoposti a sedute di tensione dinamica, allo scopo di irrobustirli per poterli poi selezionare per gli sport che avrebbero dovuto praticare agonisticamente.

Inutile dire che questa pratica, soprattutto a questa età, ha gettato le fondamenta di quella che è poi stata la supremazia sportiva sovietica per molti anni.

Da allora, per me, tutto è cambiato, e non mi vergogno a dire che molte delle mie idee, dei miei preconcetti, hanno dovuto lasciare spazio ad una visione molto più profonda, ragionata e realmente vissuta di quello che sono l’esercizio ed il movimento.

PUZZA DI MALLO

Per quanto sia duro da accettare, la gara di bodybuilding rappresenta una perfetta antitesi di ciò che richiede il percorso per parteciparvi.

Una volta sul palco, a nessun giudice verrà in mente di chiedere ad ogni singolo partecipante per quante ore si sia allenato, che carichi abbia dovuto sollevare, e a quante rinunce alimentari abbia fatto fronte.

Ogni giudice si atterrà strettamente solo al proprio compito: valutare la massa generale, l’armonia e la simmetria dei vari gruppi muscolari, il loro grado di separazione e definizione, la “linea” generale acquisita, e soprattutto la capacità da parte dell’atleta, di mostrare i propri risultati tramite POSE, sia in posizione rilassata che in contrazione, stabilite a seconda del regolamento del caso.

All’atleta verrà quindi chiesto sempre e solo di POSARE.

Non è facile giudicare in questo tipo di gare, ed è per questo che, come nelle ultime gare a cui ho presenziato, i giudici hanno chiesto diversi minuti di confronto agli atleti: posa su posa, vi sono state categorie tenute sul palco da un minimo di 20, sino anche a quasi 40 minuti di confronti serrati.

Nessuno degli atleti che abbia fatto tale esperienza è mai sceso dal palco tranquillo e rilassato.

Spossatezza e stanchezza fisica sono i sintomi più comuni dopo una tale esperienza… eppure, a distanza di anche sole 24 ore dalla gara stessa, quasi tutti gli atleti si trovano in condizione di poter mostrare dettagli muscolari che in gara non sembravano presenti.

E questo è quello che io chiamo la “sindrome da OVERPOSING”.

Per i non addetti ai lavori, diciamo che posare significa contrarre in isometria di contrasto tra agonisti ed antagonisti, contemporaneamente tutti i muscoli nonostante la postura che si assume.

E per meglio capire il concetto, significa che, in una posa di espansione dei dorsali con schiena alla giuria, non solo la schiena deve essere espansa e contratta, ma anche i pettorali, le gambe, con evidenza dei polpacci e dei femorali, ma al tempo stesso con attenzione a polpacci, quadricipiti, interno coscia e glutei, mantenendo massima tensione anche nei deltoidi e nelle braccia, ed il tutto contraendo addome e girovita, in modo che questo risulti il più possibile sottile nel contrasto con l’ampiezza della schiena e delle spalle.

In pratica un piccolo inferno di tensione muscolare da protrarre il più a lungo possibile al fine di catturare l’attenzione di OGNI singolo giudice.

Chi, in quei minuti, riesce a dare il massimo, ottiene di fatto il massimo dei punti.

POSARE COME ARTE

Tra i vari atleti che mi piace ammirare sul palco, quelli che maggiormente si distinguono, non sono i più dotati, ma piuttosto quelli che, con arte e maestria, riescono a nascondere i propri difetti, anche strutturali.

Interpretando le pose, sia obbligatorie che libere, in modo tale da dare massima visibilità ai propri punti forti, riuscendo anche, nelle routine libere, a catturare così bene l’attenzione sui propri pregi, far passare inosservati i loro difetti.

Non sono molti, ma sono atleti che sanno sempre lasciare la propria impronta ad ogni gara a cui decidono di partecipare.

È ovvio che, proprio questa elite di atleti, passa molto tempo ad esercitarsi nelle pose, a farsi fotografare, a studiare gli scatti, ed a correggere qualsiasi errore in sessioni di posing sempre più lunghe ed analitiche.

Ma, come nello studio di uno strumento musicale, pratica e ripetizione sotto l’occhio di un maestro, fanno e continuano a fare una grande differenza proprio sul palco.

POSARE COME ESERCIZIO

Già una decina di anni fa, durante i miei seminari e corsi di allenamento funzionale, mi ero reso conto di come, per acquisire un migliore controllo dei movimenti, soprattutto con il kettlebell, fosse necessario alla maggior parte dei praticanti acquisire il controllo muscolare.

Cioè la capacità di contrarre o rilassare a piacere un determinato gruppo muscolare, sia singolarmente che nel complesso del movimento.

Mi piaceva fare sperimentare questo controllo tramite semplici “manovre”, e cioè imparando a contrarre completamente i muscoli di entrambe le gambe, o del torso, o di entrambe le braccia, e poi far acquisire la capacità di contrarre i muscoli di una sola gamba, contemporaneamente al torso ed al braccio del lato opposto.

Erano lezioni cui i partecipanti, oltre a sperimentare una fatica decisamente diversa dal solito, ne uscivano con una “coscienza muscolare” utile a qualsiasi tipo di performance.

Ma, soprattutto, sperimentavano un vero e proprio controllo del proprio corpo.

Forte di questa esperienza, e delle osservazioni effettuate durante le gare di bodybuilding, mi sono reso conto di come POSARE sia una vera e propria forma di esercizio, utile sia come pre-attivazione all’esecuzione degli esercizi, sia come post-attivazione allo scopo di migliorare il lavoro svolto in sala pesi.

POSARE COME PRE-ATTIVAZIONE

Vi è una legge non scritta del bodybuiding che uso citare, e cioè che PUOI ALLENARE SOLO CIO’ CHE SAI CONTRARRE.

Questa legge nasce proprio dalla necessità di saper contrarre un determinato gruppo muscolare, al fine di saperne gestire la tensione durante l’esercizio con sovraccarico.

Molto spesso possiamo notare atleti che letteralmente si uccidono sotto i carichi in palestra al fine di stimolare un muscolo refrattario, ma questo continua a non rispondere.

Sino a quando, spesso inconsciamente, questo reagisce positivamente e comincia ad adattarsi allo stress che gli si impone.

Ebbene, questo succede non tanto per la mole di lavoro effettuato, quanto per la capacità acquisita di contrarlo volontariamente, grazie al voluminoso stress imposto.

Di fatto, tutto questo può essere abbreviato proprio grazie ad una applicazione seria e costante del principio di controllo muscolare, esercitandosi a contrarre e rilassare volontariamente lo stesso gruppo muscolare PRIMA DI SOTTOPORLO AD UN ESERCIZIO CON CARICHI O RESISTENZE.

È ovvio che a questo deve corrispondere anche ad una precisa scelta di esercizi specifici, ma di fatto la sola capacità volontaria di contrazione permette di percepire il cosiddetto carico interno in maniera ben più diretta rispetto a quello meccanico.

Inoltre, nel momento in cui questa capacità di controllo viene meno, stabilisce l’esatto istante in cui la seduta di allenamento smette di avere effetti positivi, e quindi ci permette di smettere PRIMA di creare occasione di eventuali danni o infortuni.

La contrazione volontaria che richiedo come pre-attivazione non sempre è simile ad una posa di gara, anzi, spesso cerco insieme all’atleta una posizione in cui la tensione si avvicini al creampo, ma ciò non toglie che, già utilizzando le pose obbligatorie, non sia possibile ottenere interessanti risultati con la posa obbligatoria stessa.

In termini pratici, è la volontà di contrazione che decide le sorti della seduta di allenamento, e per quanto difficile da accettare, corrisponde alla realtà.

POSARE COME POST-ATTIVAZIONE

“Il giorno dopo la gara avevo vene e striature dappertutto…Accidenti.”

Nella mia ricerca della codifica di Sindrome da Overposing, ho potuto notare come, effettivamente, gran parte degli atleti di bodybuilding abbia un aspetto migliore il giorno dopo la gara stessa.

Sebbene la cosiddetta “mangiata post gara” abbia una sua importanza, e cioè il ripristino di tutti quei nutrienti di cui l’atleta si è privato per lungo tempo, gran parte di questo effetto è legato proprio alla performance della gara stessa, e cioè il mantenere le pose sul palco per i tempi richiesti dai giudici.

È naturale pensare che anche la sessione di pumping pre-gara abbia un suo peso nel complesso, ma di fatto maggiori sono i tempi di performance di posing sul palco, e maggiori sono gli effetti che notiamo nel giorno seguente.

Il giorno dopo la gara i dettagli muscolari sono molto più marcati proprio perché si è imposto in una sola giornata un tale stress volontario, da ottenere come risposta una maggiore visibilità della separazione muscolare.

Questo deve fare profondamente riflettere.

Se guardo al passato, proprio ai tempi di Maxick, i suoi allievi passavano ore di fronte allo specchio alla ricerca del dettaglio muscolare tramite la contrazione ed il rilassamento volontario ripetuti.

E se penso invece alla Golden Era del bodybuilding, era normale per i miti dell’epoca ritrovarsi in una sala della Gold’s Gym, adeguatamente preparata con specchi in tutte le posizioni, e passarvi almeno 4 ore ogni sabato, anche lontano dalle gare.

Lo stesso Arnold passava non meno di un’ora al giorno, sotto gara, a ripassare le pose ed i relativi passaggi, e per sua stessa ammissione, la sera prima di alcune competizioni, passava l’intera nottata a posare.

Premesso che posare è un esercizio faticoso, che senso ha non praticarlo se poi non facciamo altro che quello in gara?

E se questo esercizio migliora la separazione muscolare generale, perché dovrei trascurarlo? In fondo potrebbe essere anche il modo più intelligente di smaltire calorie extra

In definitiva, ritengo controproducente essere meglio il giorno dopo la gara, ed è per questo che ritengo che il posing debba essere parte integrante della preparazione agonistica.

È ovvio che richiede un ulteriore tempo di cui spesso l’atleta pensa di non disporre, ma è tempo che deve essere trovato e sfruttato.

Nulla vieta all’atleta in questione di posare sia nudo che vestito (aumentando in questo caso la propria capacità di visualizzazione), ed in qualsiasi bagno pubblico o privato a seconda della situazione, o anche la sera prima di andare a letto (anche in questo caso ne beneficia alla grande la capacità di visualizzazione del risultato).

L’importante è questa pratica cominci ad avere nella preparazione da gara un peso sempre maggiore, sia al fine di aumentare la propria confidenza con le pose da eseguire sul palco, sia al fine di sfruttarla a vantaggio di una separazione muscolare più visibile.

“Ma a cosa vuoi che serva? Ma stai scherzando? I muscoli si fanno in palestra e le striature a tavola!”

Ok…

Ora però mettiti in Rilassato frontale… Bene…

No, non mollare l’addome, e continua a tirare di braccia….

Le gambe!

Non mollare!

Ok, fiata…

Ora ripetilo 100 volte, e domani fammi sapere.

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