Eccomi qui a parlare di metodi di allenamento per l’ipertrofia ed in particolare di uno molto inflazionato ed utilizzato: il Metodo Hatfield. Anche se non sai di cosa si tratta, ti sei sicuramente allenato seguendolo, perché la maggior parte degli schemi e delle tabelle di allenamento contengono qualcosa del genere.
Chi era Hatfield?
Frederick Hatfield fu, non solo uno dei più grandi teorici e studiosi dell’allenamento ed uno dei pionieri della ricerca del connubio tra scienza, studio ed allenamento, ma anche un atleta che si sporcò decisamente le mani totalizzando un’enormità di record che gli diedero il soprannome di “Dr. Squat”.
Io Hatfield non l’ho mai conosciuto e saprei presentartelo solamente per quanto posso aver visto da qualche video nel web o letto da qualche suo libro; per questo voglio lasciarti un’immagine che racchiude le parole di presentazione che ha usato nei suoi confronti Tom Platz che non solo l’ha conosciuto ma ha condiviso con lui una grande passione:

Le basi del metodo Hatfield
L’idea per cui Hatfield è più conosciuto è la seguente: ogni muscolo è costituito da fibre di vario tipo e ogni fibra muscolare risponderà a diversi stimoli in modo diverso: quindi carichi, range di ripetizioni ed esercizi vanno modulati di conseguenza.
Le miofibrille e il sarcoplasma costituiscono approssimativamente la metà del volume muscolare e, di conseguenza, richiedono una considerevole quantità di lavoro per favorire l’aumento muscolare.
Per stimolare l’ipertrofia delle miofibrille, è preferibile adottare un regime di allenamento anaerobico, concentrato sulla forza e sulla potenza. Ciò implica l’esecuzione di un numero ridotto o medio-basso di ripetizioni durante gli esercizi, con riposi quasi completi tra i set.
Invece, per favorire l’ipertrofia del sarcoplasma, è necessario un lavoro che induca l’esaurimento del glicogeno nelle cellule muscolari. Tale obiettivo può essere raggiunto attraverso l’allenamento resistivo, che implica l’utilizzo di carichi leggeri o moderati, con un numero elevato di ripetizioni.
La Potenza come studiata da Hatfield

Hatfield ci insegna che la massima forza ed attivazione muscolare avviene all’incirca dall’80-85% del carico massimale in un range che va dalle 3 alle 8 ripetizioni e rimanere in questo range utilizzando delle contrazioni concentriche esplosive.
Secondo Hatfield, progredendo con i carichi era necessario ricercare intenzionalmente di ccelerare ogni concentrica al massimo delle possibilità.
Questo se ci pensi ha molto senso perché nel range di carico che Hatfield consiglia, non andrai mai tanto veloce anche se ti impegni: sarà il peso a dettare la tua cadenza della tua concentrica.
Ovvio ma da specificare quanto segue.
L’esplosività e la ricerca della massima velocità in concentrica va fatta lontano dal lock out articolare e dalla fase terminale del movimento, onde evitare di uscire dal range di lavoro o peggio dare shock balistici e rischiare infortuni in modo abbastanza stupido.
CAT (compensatory acceleration tecnique) by Hatfield
Questo concetto è semplice ma se cerchi di metterlo in pratica con carichi realmente allenanti ne capirai la genialità e l’utilità per massimizzare la contrazione muscolare e, lasciando perdere i tecnicismi da nerd, migliorare molto i tuoi allenamenti!
Il grafico sottostante, preso da un libro di Hatfield, può descrivere non solo cosa sta dietro alle alzate dei nostri pesanti bilancieri, ma soprattutto, i vari gesti sportivi che vengono eseguiti nelle più disparate discipline.
Tieni il grafico davanti agli occhi e seguimi…
All’inizio hai una fase eccentrica, immagina la discesa di uno squat, del bilanciere nelle spinte o la fase di caricamento di un salto.

Nella fase di transizione, dove vedi il picco in basso, c’è la parte più delicata in cui si passa dalla contrazione eccentrica a quella concentrica.
È in questa fase che nel bodybuilding si vedono le cose più brutte: dai rimbalzi, alla completa omissione di questo punto come se bastasse scappare via per aver eseguito con coscienza pulita il movimento.
L’importanza di questo punto è fondamentale anche e soprattutto per ciò che verrà dopo:
la fase concentrica in cui appunto andrai ad applicare quell’accelerazione definita CAT dal nostro autore.
Ci sarebbe anche una piccola cosina da dire sul fatto che nel punto di scambio tra eccentrica e concentrica c’è uno dei picchi massimi di attivazione muscolare e di espressione non solo di forza eccentrica (beh ovvio, non trovi?) ma anche statica…
Migliorare la forza in modo scientifico, ecco come:
L’allenamento in generale per Hatfield doveva esser volto a migliorare la forza, come farlo? Guardando al grafico sopra dovremmo riuscire a:
- Aumentare l’ampiezza dell’angolo descritto con la lettera Q = velocizzare la concentrica applicando accelerazione da subito, una volta invertito il movimento (facile da scrivere, non molto da eseguire);
- Aumentare l’accelerazione applicata (che se ci pensi significa esattamente esser più forte a parità di carico!)
- Aumentare Fmax cioè l’effettiva forza mostrata. Questo è più semplice perché è ciò che facciamo normalmente: dall’incrementare il carico al fare qualche ripetizione in più… tutto ciò dimostra l’aumento della forza massima espressa.
- Diminuire Tmax e qui la cosa diventa più “scomoda”: ragiona sulla forza esplosiva, visto che parliamo di CAT e di espressione di accelerazione.
Questa è data dal rapporto tra due componenti che saranno la forza massima espressa ed il tempo nel quale viene applicata.
Quindi Fesplosiva = Fmax / Tmax
È abbastanza logico dedurre che per quanto grande sia il tuo aumento di carico hai un denominatore scomodo che in realtà blocca il tuo incremento di forza esplosiva in molti casi.
Ecco perché a parità di carico esser in grado di esprimere una concentrica esplosiva ha una enorme valenza dal punto di vista dell’attivazione e del lavoro muscolare atto all’espressione ed all’allenamento della forza.
Un’altra cosa molto interessante del metodo Hatfield è che non si ferma alle serie e ripetizioni dando qualcosa di immutabile ma ragiona molto sulla periodizzazione degli stimoli sia per il miglioramento della forza anaerobica sia per le applicazioni anche a ripetizioni più elevate che sfociano in forza aerobica (rimanendo a ciò che ci compete quindi il lavoro con sovraccarichi).

Idea di periodizzazione
Ti presento un’idea di base di periodizzazione fatta da Hatfield in un suo scritto da cui ti invito a prender i principi di base ed adattarli alle tue circostanze.
L’idea si basa su 12 settimane di lavoro divise in 4 mesocicli da 4 settimane ciascuno.
Ognuno di questi avrà suoi obbiettivi e focus primari.
Mesociclo 1 | Mesociclo 2 | Mesociclo 3 | Mesociclo 4 |
Massimizzare la massa muscolare | Massimizzare la forza | Massima potenza tramite l’uso della metodica CAT | Pliometria con anche l’uso di lavoro shock |
Forza e condizionamento generali | Forza, esplosività e lavori specifici | Allenamento sport-specifico relativo al gesto competitivo | Ricerca specifica di lavoro in soglia utile (aerobica o anaerobica) in base alla specificità |
Punti carenti | Trovare il miglior rapporto tra allenamento-recupero | Massimizzare i benefici del rapporto allenamento-recupero |
L’obiettivo del primo mesociclo
Nel primo mesociclo l’obbiettivo sarà la ricomposizione corporea ove possibile; allo stesso tempo dovrai condizionare il corpo per ciò che verrà dopo, quindi sia la forza sia la resistenza andranno allenate insieme a tutto ciò che sta nel mezzo.
Nel bodybuilding non ci sono solo le serie da 8-12, ma c’è anche tutto un mondo di alte, altissime ripetizioni, di condizionamento cardiovascolare e di sopportazione di soglie di fatica e tensione muscolare specifica molto forte.
Questo “mondo” va esplorato tanto quanto quello della forza massima che sarà però argomento del secondo mesociclo.
Concluderai queste prime 4 settimane con un focus molto marcato sulle tue carenze che possono esser intese come coordinative oppure muscolari.
Se non sai eseguire un movimento non puoi pensare di andar a farci sopra un lavoro di esplosività o massima forza. D’altro canto se non hai un muscolo prestante ed ipertrofico con cosa pensi di esprimere… una forza che non hai?
Senza capacità di muoverti e sapere fare gli esercizi è come voler far un lungo viaggio in macchina nonostante i guasti evidenti: prima o poi resti a piedi e più sei lontano da casa e peggio sarà!
La seconda fase
Nella seconda fase potrai lavorare sulla base che hai costruito sviluppando forza, potenza ed una parte di iniziale lavoro specifico per il tuo sport che nel caso del bodybuilding sarà ricercare il massimo isolamento muscolare.
Importante in questa fase sarà trovare il miglior rapporto tra recupero ed allenamento.
Se incrementare i volumi è sicuramente qualcosa che porta un risultato in termini di ipertrofia e capacità coordinative, va anche detto che non è una pratica fattibile per sempre, come altrettanto impraticabile è l’aumento incondizionato dell’intensità.
Una volta trovato sarà compito della fase successiva stabilizzare questo equilibrio in modo da renderlo il più fruttuoso possibile.
Questo stimolo è frutto di come fai un movimento, del controllo, del carico che hai esternamente combinato con quello che sei in grado di mettere tu internamente e della connessione con il muscolo che hai in ogni movimento.
Spostare un peso ti renderà abile a gestire un movimento più o meno complesso ma non ti farà diventare più grosso o più forte.
Queste caratteristiche derivano dalla volontaria, consapevole e deliberata contrazione, accelerazione e percezione muscolare.
Le fasi successive implicano specificità ed andrebbe aperta una parentesi enorme su diverse casistiche quindi perché non ragionare su un programma tipo prendendo in esame i range e come adattarli?
Fibre muscolari diverse: basse, medie, alte reps, perché?
Hatfield scientificamente fece un ragionamento che non fa una piega:
ho diverse componenti che costituiscono il muscolo quindi quelle che possono esser ipertrofizzate le alleno in modo specifico!
In diverse rappresentazioni grafiche e studi si trova che le componenti che occupano una dimensione maggiore rispetto alla cellula sono le miofibrille ed il sarcoplasma, subito dopo si trovano con percentuali minori i mitocondri ed i capillari.
Già così hai due idee:
andare ad ipertrofizzare le miofibrille o lavorare sull’espansione del sarcoplasma.
Per i mitocondri ed i capillari si può speculare a lungo sulla tipologia di esercizio che li influenza ma la percentuale sul totale del lavoro è talmente bassa che, seppur io utilizzi lavori del genere, la loro implicazione non sarà mai primaria e totalitaria per ovvie ragioni di spazio e priorità.

Ipetrofia miofibrillare e sarcopalsmatica saranno quindi i due termini che in pratica si convertono in range di ripetizioni e metodologie di lavoro abbastanza diverse.
Metodo Hatfield per l’Ipertrofia miofibrillare
Ipertrofia miofibrillare è spiegabile come un incremento delle unità contrattili: quindi molto semplicemente ci sono più operai che lavorano per te a compiere un dato sforzo all’interno del muscolo.
In tutto ciò ottieni più forza, più tessuto ed ovviamente più capacità contrattile.
Ragionando sul fatto che questo tipo di ipertrofia è figlia di una soglia anaerobica, i tempi sotto tensione non dovrebbero superare i 30’’, meglio se rimangono compresi appunto tra i 30 ed i 20 secondi.
Il carico dovrebbe permetterti di esprimere massima velocità, il famoso principio dell’accelerazione compensatoria visto prima, e per questo non dovrebbero esser portati a completo cedimento ed esaurimento muscolare.
Ipertrofia sarcoplasmatica secondo il Metodo Hatfield
Per l’ipertrofia del sarcoplasma invece si ipotizza che l’aumento di tensione, il lavoro di forza resistente e l’esaurimento di glicogeno muscolare possano portare ad un incremento sostanziale della sezione muscolare combinando gli effetti con un discreto e gradevole pompaggio.
Che gli effetti siano dovuti ad una reale e duratura ipertrofia sarcoplasmatica in realtà non sa con certezza: leggi questo articolo scientifico se vuoi approfondire.
L’ultima parte del lavoro in cui andrai a suddividere le ripetizioni e gli esercizi è quella in cui il focus si sposta su serie lunghe, recuperi molto risicati e focus, ove possibile, su tecniche di densificazione e di percezione muscolare specifica.
Qui abbandoni completamente l’idea di CAT e ti focalizzi su una contrazione ritmata, dannatamente lenta e controllata che ricerca quella sensazione di vascolarizzazione, pompaggio e profondo bruciore che accompagna di fatto le serie in cui il tempo sotto tensione supera i 60 secondi.
Nel mio prossimo articolo ti proporrò un protocollo di allenamento basato sul Metodo Hatfield che potrai adattare alle tue esigenze specifiche… non perdertelo!
Francesco Mesenasco
Unconventional trainer & bodybuilder
Teach top coach SBB
https://www.unconventionalbodybuilding.it/https://www.instagram.com/unconventional_bodybuilding/
Leggi anche: Serie interrotte: una tecnica di allenamento per l’ipertrofia